CARA LIBBY

Una stanza spoglia, un tavolo e uno specchio. Due sedie. Il poliziotto e il sospettato. Un interrogatorio: l’ultimo. Tra di loro un diario. L’unica prova. Potrebbe esserlo, potrebbe risolvere il caso, se soltanto chi l’ha scritto esistesse veramente. Ma non è così. O no?

La trama: Una stanza spoglia. Un tavolo, due sedie. Un finto specchio. Il sospettato e il poliziotto. Un diario. L’ultimo interrogatorio, il decisivo. Il sospettato è solo un ragazzo, ma il crimine di cui è accusato è terribile. Tre vittime: i suoi genitori e il suo migliore amico. Pare ovvio che sia stato lui, anche se non ci sono abbastanza prove per incriminarlo. Eppure… C’è un fatto nuovo: il diario. L’ha scritto una ragazza e racconta in modo particolareggiato come sono avvenuti gli omicidi. Indica pure l’assassino, e non è il ragazzo. Peccato che non sia attendibile, perché la ragazza, quella che ha scritto il diario, non esiste, e di conseguenza non può aver assistito ai fatti che racconta. In quanto all’assassino… peggio ancora. Non può aver compiuto quei delitti, in nessun modo. C’è una sola possibilità, l’unica. Lo deve leggere anche il ragazzo, fornire la sua versione, convalidarlo oppure no. Al di là della logica e della ragione. Perché il poliziotto è deciso: quella notte, in un modo o nell’altro, il caso verrà chiuso. È tutto lì, in quelle poche pagine, in quel volumetto che inizia con una frase tanto innocua quanto terribile: Cara Libby.

Una sfida. Una stanza e due soli personaggi. Ed è proprio questa la sfida: tenere desto l’interesse del lettore, sorprenderlo pagina dopo pagina, con continui colpi di scena, mentre una situazione impossibile diventa sempre più reale. Chi è la ragazza che ha scritto quel diario? Come mai nessuno l’ha mai vista? E la cara Libby? È davvero una dolce gattina oppure un demone infernale? Come può aver fatto ciò che ha fatto e perché?